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11 SETTEMBRE, UN RACCONTO ATTRAVERSO LE POESIE

Una data, 11 Settembre 2001. Un evento che ha fermato il nostro tempo. Mentre, le immagini dell’attacco alle Torri Gemelle scorrevano sui teleschermi lo shock imponeva di non distogliere lo sguardo, le parole non uscivano. Otto minuti di silenzio prolungato, con il fiato sospeso tra lo schianto dei due aerei. E poi l’incredulità del crollo. Il fuso orario che ci divide da New York pareva in quell’istante non esistere più. Fluttuavamo insieme, così vicini ed uniti che ci trovammo in un limbo di dolore condiviso, pesante.
“Non credo in dio
non riesco nemmeno a dire
e non riesco a smettere di piangere
non riesco a smettere di piangere.”
Le lacrime versate da Alessandro Agostinelli (MATERIALE FRAGILE, edizioni Pequod, 2021) nella Cappella di St. Paul, angolo fra Broadway e Fulton, pochi passi da Ground Zero, dove chi scavava per ore ed ore riceveva un piatto caldo ed un abbraccio consolatorio, che allontanava per qualche istante la disperazione latente.
“Fuori era l’inferno,
a qualche decina di metri l’acciaio
proseguiva a fondere a centinaia di gradi,
dalle macerie si continuavano a
tirare fuori pezzi di corpi umani.
qui dentro non uno sguardo allarmato,
non una faccia tirata,
solo calma e gentilezza.”
Il destino di angeli impolverati, sudati, sfiancati dalla fatica che si intrecciava con le storie di coloro che avevano perso la vita nel tentativo di salvare altri. Il massacro dei pompieri inghiottiti dal disastro. Eroi mutuati dalla storia a cui Giovanni Giudici dedica brevi versi in un inno dai toni risorgimentali.
“A loro nei vostri pensieri
Tenetevi stretti un minuto
Quando giocate ai pompieri
Il vostro gentile saluto”.
La ferita della Grande Mela ha toccato i nostri cuori, non avrebbe potuto essere stato diversamente. Alda Merini scrisse:
“Penso che l’amore sia una grande torre
una torre addormentata nel cuore della notte.
Ma questi giganti che ormai non parlano più
hanno sepolto sotto le loro macerie
anche i nostri sospiri d’amore”.
Attimi sconvolgenti, ripresi e fissati nella memoria da scatti rubati da un Inferno inimmaginabile. L’Apocalisse è difficile da raccontare. Inorriditi dalla tragedia “dell’uomo che cade”, dalla paura di non avere nulla a cui aggrapparci mentre, precipitiamo nel vuoto.
“Saltarono dai piani in fiamme, giù
…uno, due, altri ancora
più in alto, più in basso.
Una fotografia li ha colti mentre erano vivi
e ora li preserva
sopra il suolo, diretti verso il suolo.”
È il frammento del toccante poema del premio Nobel per la Letteratura Wisława Szymborska. A scavare religiosamente nell’intimo è l’invocazione di Mario Luzi, con il suo grido di supplica:
“Risorgete, risorgete,
non più torri, ma steli,
gigli di preghiera.
Avvenga per desiderio
di pace. Di pace vera.”
Invece, fu la vigilia di una nuova guerra. Le cicatrici di una città, di un paese, di una parte del mondo non si rimarginano facilmente. Fiumi di discorsi, passato lo smarrimento iniziale, ha cominciato a scorrere inarrestabile, tra commenti, analisi, testimonianze ed approfondimenti. Scoprimmo chi era Osama bin Laden, e cosa voleva. Allora, la voglia di vendetta ha preso il nome di giustizia contro l’inciviltà. E la storia, che da quel giorno era cambiata per sempre, ha fatto il suo corso.