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IL SULTANO SENZA MASCHERA

Il lungo sultanato di Recep Tayyip Erdogan è passato indenne al golpe, e ora è alla prova di una nuova congiura di palazzo, in atto per la sua successione. E a portare alla luce lo scontro politico è stato il Coronavirus. Le recenti frizioni nel governo sulla gestione dell’emergenza sanitaria rispecchiano le dinamiche della lotta esplosa tra le diverse correnti del partito Akp, fondato dal presidente e di fatto in mano alla sua famiglia.
La Turchia ha confermato ufficialmente il primo caso di Covid19 lo scorso 11 marzo. Quello che il ministero della sanità di Ankara riconobbe come il paziente zero era appena rientrato da un viaggio in Europa. Altre informazioni relative al contagiato non sono state rese pubbliche, per non violare la privacy del malato. Mentre, paradossalmente la libertà di stampa latita. Al vaglio del parlamento una legge che permetta il totale controllo delle app di messaggistica. Erdogan affronta un calo di consensi e popolarità. Un distacco che è andato ampliandosi con l’acutizzarsi della crisi economica e finanziaria degli ultimi anni: il crollo della lira, la galoppante inflazione, l’elevato tasso di disoccupazione e l’escalation militare in Siria contro i curdi. Trema l’industria del turismo, che con i suoi circa 50 milioni di visitatori l’anno è un asset strategico, e al contempo molto fragile. In balia di effetti negativi come il terrorismo ma anche imprevedibili come la pandemia.
Da quando è stato annunciato il coprifuoco, a Istanbul, ma un po’ ovunque nel Paese, ci sono state scene di panico generale, supermercati invasi e razziati, lunghe code nelle strade nel tentativo di scappare dai grandi centri urbani. Qualcosa è andato storto nella comunicazione governativa. Evidentemente sono stati fatti errori su errori nel fronteggiare l’epidemia. La decisione di chiudere la frontiera con l’Iran e cancellare i voli verso destinazioni con alti tassi di infezione, tra cui l’Italia, non sono state misure sufficienti a contenere Covid19. E oggi il boom dei contagi rischia di aggravare la situazione. La Mezzaluna Rossa turca, che aderisce alla Croce Rossa internazionale, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno recentemente allertato sulla possibilità che il virus possa colpire in modo catastrofico la parte più vulnerabile della popolazione. A partire dai rifugiati, 4 milioni di persone, il 90% proveniente dalla Siria, dalla guerra.
Il sistema sanitario nazionale turco, privato e pubblico, nonostante gli avvisi e gli echi dal resto del mondo non ha sviluppato un piano di scorte di materiale medico. E le strutture sono al limite. Il governo per placare le polemiche ha fatto distribuire mascherine e disinfettanti. Svuotato le carceri con una maxi-amnistia per un terzo dei detenuti, 90 mila, escludendo dal provvedimento gli oppositori politici.
In molti, intanto, si chiedono se Erdogan fosse a conoscenza della presenza del Coronavirus già da tempo. Chi critica è convinto di ciò. La stampa filo governativa ha invece serrato i ranghi contro le “speculazioni”.