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IL SULTANO DELUDENTE

Il presidente turco Erdogan non gradisce il manifesto ambientalista firmato dagli ex ammiragli e li fa arrestare per golpismo. Un gruppo di ufficiali della marina in pensione ha criticato la realizzazione di un faraonico canale tra il Mar Nero e il Mar di Marmara e sono finiti con le manette ai polsi. Il mega progetto alternativo alla rotta del Bosforo è definito “ecocidio” da insigni accademici. E andrebbe, tra le tante ricadute dirette o indirette per la stessa Istanbul, a mettere in discussione la convenzione di Montreux del 1936, che prevede il libero passaggio attraverso il Bosforo e lo stretto dei Dardanelli delle navi civili, anche in periodo di guerra. Un’imponente infrastruttura che liscia la grande cantieristica edile nazionale, ma vede l’alzata di scudi di ecologisti ed opposizione al governo.
Nell’aprile 2015 quando Bruxelles sollecita Ankara a riconoscere il genocidio armeno la risposta di Erdogan è: “Quello che dicono mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro”. Oggi, il problema del “sultano” a forza di non ascoltare nessuno è che le fila dei suoi estimatori si sono decisamente assottigliate. L’uomo forte dell’Anatolia ha perso carisma, iniziando il declino di popolarità. In Turchia l’onda di protesta cresce di giorno in giorno e guarda al voto del 2023. I timori che possano essere elezioni non libere trova conferma soprattutto nei continui proclami di Erdogan, che risuonano come pericolosi passi indietro per la fragile democrazia turca. Inoltre, il boom economico, cavallo di battaglia del leader del partito AKP, si è sgonfiato e l’inflazione galoppa al 16%. Mentre, i diritti civili sono costantemente umiliati e sfigurati. L’uscita dalla convenzione contro la violenza sulle donne – trattato di cui Istanbul era primo firmatario – è solo l’ultimo capitolo di un romanzo cinico.
Nell’anno della pandemia in Turchia sono stati commessi oltre 300 femminicidi. Alla base della decisione di Erdogan ci sarebbero sia calcoli politici che diplomatici: ennesimo caso di avvicinamento a Putin, a cui non è mai piaciuta, e allo stesso tempo un messaggio di propaganda interna per ingraziarsi l’elettorato islamico conservatore. In contemporanea al criminale abbandono di uno strumento giuridico particolarmente sensibile, il “sultano” mandava anche un altro segnale al popolo turco, licenziando in tronco il governatore della Banca centrale, Naci Agbal. Atto sbrigativo che non è piaciuto agli investitori, crollo dei titoli e sospensione delle negoziazioni in Borsa. Dubbi anche sulla tenuta delle riserve valutarie che sarebbero stimate «vicine allo zero». Erdogan, tuttavia, pare intenzionato a non voler desistere dalla campagna contro i tassi d’interesse elevati.
Sul fronte internazionale resta accesa invece la polemica con Macron, dopo le questioni nel mar Egeo e in Libia, il contenzioso si è spostato alla realizzazione della moschea di Eyyub Sultan a Strasburgo, ad opera di una controversa associazione filo-turca. Per l’Eliseo l’evidente richiamo neo ottomano che si propaga in Europa non è assolutamente da sottovalutare.