Benjamin Netanyahu è un politico sull’orlo di un abisso esistenziale. La sua “monarchia” trema. Nella storia è caduta la famiglia Ceausescu, in Romania, e prima ancora abbiamo assistito al crollo della dinastia Somoza, in Nicaragua. “Bibi” però non è un dittatore. È un populista di destra, propugnatore visionario di un nuovo sistema di democratura 2.0, e forse un corrotto, ma questo spetta chiarirlo al tribunale di Gerusalemme.
C’è chi pensa, e sono in molti, che la sua longeva carriera sia arrivata alla fine. E chi è convinto invece, e sono in pochi, che proclamandosi leader del mondo occidentale nella guerra al terrorismo possa ribaltare le sorti del suo destino, segnato per sempre da quel tragico 7 ottobre. “I due punti più bassi del Pianeta sono in Israele: il Mar Morto e il comportamento di Benjamin Netanyahu. Uno è una meraviglia della natura, l’altro un errore politico”. Così Alon Pinkas su Haaretz. “Bibi” negligente e arrogante. Altre, tante, le critiche che gli piovono addosso dal quotidiano progressista di Tel Aviv. Nehemia Shtrasler chiarisce: “Benjamin Netanyahu è in stato confusionale. È nel panico. Non è adeguato. Ma non a causa dell’orribile debacle di cui è responsabile. Non per le 1.400 persone che sono state massacrate nei modi più brutali. È in preda alla paura per le crescenti pressioni su di lui affinché si dimetta, subito”. E qui il dibattito prende svariate forme. L’entrata in scena di Gantz, e la nascita di un governo di emergenza, sono evidenti segnali di sbandamento dell’asse della Knesset sempre più spostato verso il centro. In questa delicata fase, più che depotenziato il falco del Likud pare essere stato messo sotto attenta osservazione, sia dall’esercito che dalla Casa Bianca. Dove si pensa, ma ancora non si dice, che rappresenti un serio ostacolo al processo di pace.
“Vorrei essere ricordato come il protettore di Israele. Mi basta questo”. L’epitaffio di Mr Sicurezza, che lo stesso Netanyahu ha scelto, è da riscrivere. Yair Rosenberg in The Atlantic scrive: “Quella promessa è stata irrimediabilmente infranta. Il mito che Netanyahu ha assiduamente coltivato riguardo alla sua leadership è stato smascherato”. Ha fallito miseramente, e badate bene il caso non è chiuso. Una volta terminata la guerra, per Israele ci sarà un’inchiesta approfondita, alla ricerca delle colpe. È avvenuto nel ’73, dopo il conflitto dello Yom Kippur. Quando la commissione Agranat rimproverò militari e intelligence, chiedendo rimozioni e allontanamenti. Esente da ogni valutazione fu la politica. Che pagò, tuttavia, il diffuso malessere pubblico, l’11 aprile 1974 Golda Meir rassegnava le dimissioni. È successo nuovamente nel 1982, in seguito agli eventi di Sabra e Shatila quando il governo Begin incaricò il presidente della Corte Suprema Yitzhak Kahan di svolgere indagini sul massacro in Libano. Il rapporto fu una mezza assoluzione per l’allora primo ministro e per il collega di partito e capo della diplomazia Shamir. Ariel Sharon, ministro della Difesa, venne lasciato sulla graticola a cuocere. Ancora una volta l’accusa di negligenza e responsabilità finì sulla testa dei generali. Similari le conclusioni raggiunte dalla Commissione Winograd sulla campagna in Libano del 2006: “Nel periodo esaminato nel Rapporto finale – dal 18 luglio al 14 agosto 2006 – sono emersi risultati preoccupanti: Abbiamo riscontrato gravi mancanze e carenze nell’interfaccia tra il livello politico e quello militare; gravi lacune nella qualità della preparazione, del processo decisionale e delle prestazioni dell’alto comando dell’IDF. Difetti nella pianificazione strategica, sia a livello politico che militare. Abbiamo riscontrato errori nella difesa della popolazione civile e nel far fronte all’attacco con i razzi. Queste debolezze risalgono a molto prima della seconda guerra del Libano”. Nel complesso a destare incredulità fu che un’organizzazione allora semi-militare (e terroristica) come Hezbollah, di poche migliaia di uomini seppe fronteggiare, per alcune settimane, l’esercito più forte del Medio Oriente, “che godeva della piena superiorità aerea e dei vantaggi in termini di dimensioni e tecnologia”. Tutti assolti, per una guerra totalmente inutile e mai terminata.
Anche la prossima commissione sui fatti del 7 ottobre verosimilmente arriverà a conclusioni non dissimili da quelle precedenti, fermandosi ai militari e alle forze dell’intellingence come capro espiatorio. La certezza è che Netanyahu sarà travolto con loro. Come afferma la prestigiosa firma di Haaretz e dell’Economist Anshel Pfeffer: “Questa è la tragica fine dell’era Netanyahu. E quando dico “fine”, potrebbero passare mesi, forse anche un anno o due. Ma questa è la fine dell’epoca di Netanyahu”.