Nei prossimi giorni New York ospiterà la 70° sessione dell’assemblea generale dell’ONU. È l’assemblea più importante al mondo, l’unica, teoricamente, in grado di cambiare il verso alla storia. È la bilancia dei poteri internazionali, il teatro della politica e per certi versi il tribunale della fragilità diplomatica, con la sua bandiera, le sue agenzie e il suo esercito. Criticata, talvolta a ragion veduta, per essere risultata ininfluente, limitata nelle azioni e lenta nel prendere decisioni importanti, resta però di fatto l’organo vigile che rappresenta i popoli, tanti, di questo pianeta. Sino al prossimo 6 Ottobre il Palazzo di Vetro apre le porte ai capi stato di repubbliche e monarchie, democrazie e dittature. Le delegazioni internazionali entreranno nell’emiciclo e prenderanno il posto assegnato, si vedranno le immancabili cuffie e il vociare nelle diverse lingue del mondo. Intanto, venerdì 25 Settembre toccherà a Papa Francesco salire, per la prima volta, sul podio. Con il suo stile di comunicazione affabile e coinvolgente, chiaro e diretto il Pontefice spiegherà ai rappresentati delle nazioni la sua visione del Mondo. Così come in questi mesi ha espresso il suo disegno ideale d’Europa, centrata sull’accoglienza ai migranti, indicando la strada dell’integrazione per un futuro migliore: porte aperte e non muri di filo spinato. Anche contro le tante incertezze che volteggiano nella sua casa, dalle ostilità della gerarchia ecclesiastica alle “lentezze” di quella parte periferica episcopale della Chiesa dove la “primavera” di Francesco tarda a sbocciare. Il percorso intrapreso da Bergoglio è tutto nel segno del riformismo, censore delle distorsioni del paradigma capitalistico, avverso alla globalizzazione dell’indifferenza, agli imprenditori di morte, alla corruzione e alle disuguaglianze. Qualche mese fa, in modo inaspettato, ha lanciato un monito sul clima, inquadrando attentamente la crisi ambientale di questo secolo. Tema affrontato nell’Enciclica Laudato Si: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare”. La via indicata è lo sforzo comune nella lotta alla povertà. Il compito dei credenti, ma non solo, è custodire il pianeta: salvando le specie viventi, rispettando l’equilibrio e superando le ingiustizie. Migliorando la gestione dei rifiuti e riducendo l’inquinamento atmosferico. Con maggiore responsabilità da parte di tutti. La radice teologica del Santo Padre è nel richiamo alla vita e al creato, due doni assolutamente gratuiti di Dio all’uomo, che l’uomo per l’appunto dovrebbe rispettare perché non sono suoi e dovrà un giorno inequivocabilmente restituirli. Mentre per quanto riguarda l’aspetto politico l’interpretazione del pontefice è in linea con gli accordi di Durban e il protocollo di Kyoto ma non con quelle superpotenze mondiali che ne prendono le distanze sottovalutando i rischi ambientali. Comunque, il 25 settembre, in quel luogo deputato a risolvere le grandi questioni, il “sovrano” del piccolo Stato del Vaticano siamo sicuri lascerà un segno. Come fece nel 1995 un suo predecessore, Giovanni Paolo II, invitato a partecipare alle celebrazioni per i 50 anni dalla fondazione delle Nazioni Unite. In quel breve messaggio colse l’importanza di quel momento storico: “Alle soglie di un nuovo millennio siamo testimoni di una straordinaria e globale accelerazione di quella ricerca di libertà che è una delle grandi dinamiche della storia dell’uomo.” Per poi ammonire: “Quando milioni di persone soffrono la povertà -che significa fame, malnutrizione, malattia, analfabetismo e degrado- dobbiamo non solo ricordare a noi stessi che nessuno ha il diritto di sfruttare l’altro per il proprio tornaconto, ma anche e soprattutto riaffermare il nostro impegno a quella solidarietà che consente ad altri di vivere.” Libertà, pace e cooperazione erano allora d’attualità. Il dibattito in questi venti anni non è cambiato molto, nuovi problemi si sono affacciati così come nuovi e terribili conflitti infiammano il globo. “L’urgenza della pace” per la quale come dice Papa Francesco “non bastano parole” è il dilemma, il compito non ancora risolto dell’ONU. Infine, una piccola ma significativa nota: a sventolare dal Palazzo di Vetro, dopo anni di attesa, ci sarà una bandiera in più, quella della Palestina. E la cosa farà sicuramente piacere al Santo Padre.