Una telefonata non allunga la vita. E non stiamo parlando dell’implicazioni connesse all’uso scorretto del cellulare quando siamo alla guida della nostra vettura, ma del fatto che le tecnologie attuali permettono di rintracciare il punto di provenienza di una chiamata e l’intelligence è in grado di spedire sul posto un paio di missili in pochi minuti, eliminando il possessore del telefonino e distruggendo ciò che lo circonda. Ovviamente la cosa non accade tutti i giorni e soprattutto non è così comune nelle nostre città. Mentre, è un evento che potremo definire tipicamente mediorientale. Sintomatico di un contesto di violenza esponenziale, non risparmia nessuno ovunque anche nel suo più sperduto angolo. Questa volta è successo sulle montagne del Golan in Siria. Dove i vertici militari iraniani e di Hezbollah che operano al fianco dei governativi nella guerra civile siriana sono stati decimati con un attacco aereo. La provenienza del bombardamento è inequivocabile, anche se ufficialmente Israele non ha rivendicato la paternità della missione. La cosa che ha fatto maggior scalpore è che nell’attacco abbia perso la vita un generale iraniano, Mohammed Ali Allahdadi era il comandante in capo delle forze militari di Teheran che combattono in Siria contro i ribelli. A Gerusalemme fonti non ufficiali hanno parlato di “malinteso”: il target sarebbe stato un’unità di combattimento che preparava un azione lungo la frontiera del Golan e non il generale pasdaran, questo secondo alcune voci di corridoio. Di tutt’altra idea la stampa libanese, per i quali il militare avrebbe inavvertitamente dimenticato il cellulare acceso in una zona monitorata dai servizi segreti israeliani pronti ad intervenire. Infine c’è chi ritiene che l’alto ufficiale fosse spiato nei movimenti da lungo tempo e che l’attacco fosse stato preparato ore prima. Tutti concordano nel dire che si è trattato di un messaggio a chiare lettere non per Beirut, non per Damasco, non per Teheran ma per Washington. Alla fine però la risposta armata è arrivata da Hezbollah. È piovuta lungo il confine che separa Libano e Israele. Un convoglio militare in perlustrazione è stato bombardato da Hezbollah. Due soldati israeliani morti. Una decina feriti. L’escalation dello scontro di frontiera ha provocato la morte di un soldato della missione internazionale UNIFIL, che vede impegnata anche l’Italia con un suo contingente di peacekeeping. Qualcuno dovrebbe ricordarsi che tra Hezbollah e Israele ci sono in mezzo soldati, di pace. Hanno un mandato preciso e una risoluzione delle Nazioni Unite la 1701. Le risoluzioni non andrebbero violate, intanto è tornata la calma lungo la frontiera di una guerra mai sopita.
Archivi del mese: gennaio 2015
Vignette che fanno imbestialire
Nel freddo gennaio del 2006 il giornale danese Jillands-Posten pubblicava le vignette “blasfeme” che innescarono la reazione del mondo islamico. In Cisgiordania per alcune ore si scatenò una vera e propria caccia all’uomo. Cuore della protesta la città di Hebron. La furia cieca della folla si rivolse contro la base della forza temporanea degli osservatori internazionali (TIPH), dove avevano trovato rifugio molti cooperanti europei. Gli assediati nell’edificio, tra cui il nucleo di carabinieri sotto il comando del colonnello Zubani, respinsero a mani nude o con l’ausilio di estintori gli aggressori che tentavano di entrare. Solo grazie all’intervento dei blindati israeliani fu possibile ristabilire la calma ed evitare uno spargimento di sangue. In queste settimane dell’inverno 2015 sfilano in migliaia contro Charlie Hebdo in Cecenia, Pakistan, a Gaza e anche a Ramallah e Hebron. Nelle principali città della West Bank, in quelle che erano un tempo le roccaforti di Fatah centinaia di cartelli inneggianti all’Islam, bandiere nere con scritte bianche. Le manifestazioni non sono state spontanee, ad indire la protesta è stato il Liberation Party, un gruppo islamico. Durante il lungo corteo la folla ha intonato cori che osannavano e incitavano al Califfato. È il segno dei tempi. L’Isis allarga la sua sfera d’azione, prende forma e spazio nella società palestinese. Per ora è solo propaganda contro un giornale satirico francese, ma domani cosa succederà?
Lunedì x mese x anno x
Una riunione ufficiale tra israeliani e palestinesi si è tenuta nel fine settimana, la questione al centro dell’incontro è stata la definizione di un piano per prevenire la diffusione di Ebola nei rispettivi territori di competenza…
La proposta israeliana prevede di offrire ai medici e allo staff palestinese e giordano un corso specialistico in epidemiologia, la condizione posta dal Ministero della Salute palestinese è l’anonimato per i partecipanti.
Ad oggi in Israele e Palestina non sono stati riscontrati casi di Ebola. La Terra Santa è una destinazione divenuta molto popolare per i cristiani africani, si calcola che circa 43 mila hanno visitato Israele dall’inizio dell’anno. La paura di una pandemia mette d’accordo eterni nemici, palestinesi e israeliani collaborano e combattono insieme ma non vogliono che si dica troppo in giro…